L’italiano burocratico si è andato configurando come isola di aulicità statica e fossilizzata, degenerando in una sorta di antilingua (con Calvino 1965), il burocratese, come di solito viene indicato dalla fine degli anni ’70. Sulla base di un campione di testi degli anni 2011-2015, estrapolati dal Corpus di testi italiani dell’uso burocratico (CorTIBuS) in corso, si tenta di fare un bilancio sullo status attuale del linguaggio burocratico dopo un ventennio di interventi (dal Codice di stile del 1993 del ministro Sabino Cassese all’abbondante produzione di una manualistica ad hoc per la riscrittura dei testi). Si cerca inoltre di verificare se i tratti tipici del burocratese perdurino o se siano diminuiti, scomparsi o sostituiti da tratti nuovi, e se più in generale lo stesso scritto burocratico si sia trasformato. I fenomeni linguistici analizzati sono divisi in due gruppi: tratti (iper)-caratterizzanti, cioè gli elementi tecnici, spesso arcaici, tipici e distintivi (3.1.) e tratti di ibridazione e di liquidità (3.2), in cui si isolano fenomeni frequenti anche in altri tipi di produzioni scritte. Si può constatare come il linguaggio burocratico, considerato per molto tempo luogo di conservazione, impermeabile al cambiamento, mostri invece ora più che mai vari punti di frattura e riveli una sempre meno sorvegliata padronanza nella competenza scritta professionale.