Le fitte relazioni intrecciate tra l’Empire e il Celeste Impero a partire dal Seicento lasciano tracce significative in molti aspetti della cultura francese, non da ultimo nella riflessione linguistica e, in particolare, nella riflessione sulla lingua francese. Lingue come l’annamita e il cinese entrano a far parte del paesaggio linguistico con il quale il francese è in contatto e si confronta. Tipicamente, tutto inizia con un prestito: la diffusione di una nuova bevanda, il tè, in Francia viene intercettata linguisticamente dal Père Bouhours nel 1674 e da Court de Gébelin nel 1778. In epoca rivoluzionaria, invece, i cinesi compaiono nel Rapport dell’Abbé Grégoire come «incapaci di pronunciare la lettera r» (1794). Gli Enciclopedisti riservano grande attenzione al cinese e iniziano (con Nicolas Beauzée) a evidenziare alcune caratteristiche comuni tra la fonetica di questa lingua e quella del francese; si inizia contestualmente a menzionare l’assenza di morfologia. Con Michel Bréal e Henri Weil il cinese diventa un elemento quasi sistematico di raffronto, su aspetti quali l’assenza di morfologia (confrontata con gli estesi fenomeni di sincretismo del francese orale), la diversa organizzazione delle classi del lessico, la funzione dell’ordine delle parole. Nei primi anni del ’900, i riferimenti al cinese sono frequenti nelle opere dedicate al francese orale e parlato, in relazione sia alla pronuncia corretta dei prestiti cinesi e annamiti (Rousselot-Laclotte 1902 e Martinon 1914) sia all’organizzazione complessiva della lingua (Bauche 1920). Nell’opera di Frei del 1929 e di Bally (1932 e 1944) la descrizione funzionale della lingua francese comporta il confronto sistematico su molteplici livelli con la lingua cinese. La familiarità con le lingue dell’Estremo Oriente pare relativamente generalizzata nel periodo che abbiamo preso in esame e rappresenta un elemento distintivo nel configurarsi della grammatica della lingua francese se confrontata con altre tradizioni. L’organizzazione fonetica, la diffusione dell’omonimia e i suoi effetti di sistema, il rapporto tra oralità e scrittura sono temi ricorrenti. Altri restano più sfocati, come la questione della trasposizione della parola da una classe all’altra, il significato dell’assenza di morfologia e l’ordine delle parole. Il confronto diretto – per quanto non sempre preciso – tra il francese e una lingua geneticamente così distante porta all’attenzione aspetti di carattere tipologico che risultano inaspettatamente simili.