ARTICOLO
Neri Binazzi

La frequente rinuncia al che nel parlato fiorentino: caratteristiche del fenomeno e spunti di riflessione per la lingua comune

Attestata con significativa frequenza nell’italiano del passato, l’omissione del che è prevista tutt’ora dall’italiano “neostandard”, e, soprattutto, conosce una particolare vitalità nel parlato fiorentino contemporaneo, dove il fenomeno tende ad attraversare tutti i livelli stilistici, non essendo percepito come tratto “dialettale”. Questo contributo passa in rassegna, sulla scorta di testimonianze diverse, la casistica delle condizioni sintattiche che a Firenze consentono l’omissione del che, a partire dalla distinzione, canonicamente prevista in letteratura, tra “che congiunzione” e “che relativo”. I luoghi in cui a Firenze è prevista l’omissione vengono poi confrontati con quelli in cui essa è attestata nel “neostandard” (individuato prevalentemente nelle testimonianze di quotidiani, a stampa e on line). L’analisi dei dati sembra indicare che l’omissione fiorentina si inserisce nel quadro della preferenza, diffusa nel parlato, verso procedure sintetiche di organizzazione dell’informazione, che nelle circostanze riconducibili ai nostri esempi si attivano quando l’obiettivo pragmatico prevede l’identificazione semantica di un determinato “tema”, cosa che può legarsi alla necessità di coordinare direttamente le proposizioni per conseguire una particolare incisività stilistica. I profili in cui si manifesta l’ellissi fiorentina risultano inoltre ampiamente sovrapponibili con quelli che nel parlato italiano possono prevedere la presenza del “che polivalente”: l’omissione fiorentina parrebbe così la conferma che la riconosciuta polivalenza del tratto sia connessa al richiamarsi, all’interno di questa clausola, di genericità semantica e di debolezza sintattica.


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SGI - XXXIII (2014)