L’articolo studia due grammatiche pensate o proposte per le scuole reggimentali nella seconda metà del secolo XIX con il duplice obiettivo di verificarne l'adeguatezza all'insegnamento e la congruenza con la normativa e di descriverne il modello linguistico sotteso. Si esplorano così, sullo sfondo degli eventi storici, degli usi scritti ottocenteschi e della grammaticografia coeva alcune questioni grafiche, fonetiche, morfologiche, morfosintattiche, sintattiche e lessicali. Ne esce il ritratto peculiare di grammatiche certamente sovradimensionate e troppo complesse per i loro destinatari; conservative –persino puristiche – nelle proposte linguistiche e pochissimo accoglienti nei confronti dell’uso vivo e del fiorentinismo “manzoniano” ma al contempo non del tutto sorde alle istanze della glottodidattica coeva e alle indicazioni della normativa, che sembravano mirare a un insegnamento per quanto possibile legato all’esperienza del discente e rispondente ad esigenze comunicative concrete.