L’articolo analizza la tecnica prosodica di Giovanni Boccaccio nella trasmutazione del testo delle quindici canzoni distese di Dante dalla prima redazione conservata nel manoscritto 104.6 dell’Archivo y Biblioteca Capitular di Toledo alla seconda redazione contenuta nel manoscritto Chig. L.V.176 della Biblioteca Vaticana. Lo studio si propone di evidenziare le differenze nella dizione prosodica tra i due autografi, con particolare attenzione agli elementi metrici. Un’analisi specifica è dedicata all’uso dei puntini posti sotto le vocali finali delle parole, interpretati come un tentativo di modificare le figure metriche.