ARTICOLO
Giovanni Urraci

"La qual si chiama dal vulgo butirata". I gastronimi in "-ata" attraverso l'"Opera" (1570) di Bartolomeo Scappi

Il contributo propone una disamina dei gastronimi in -ata documentati nell’Opera (1570) di Bartolomeo Scappi, tra i più importanti trattati gastronomici del Rinascimento e pietra miliare nella storia della cucina italiana. La ricchezza del ricettario, fonte di oltre 200 nomi di pietanze, consente un’articolata panoramica sulla lingua del cibo alle soglie del XVII secolo, un periodo in cui sulle tavole dei signori si consumano intense trasformazioni culturali, in equilibrio fra tradizione e rinnovamento.
Il connubio tra continuità e originalità è appunto l’aspetto che maggiormente contraddistingue il lessico dell’Opera, e su queste dinamiche si concentrano i quadri storico-lessicografici di cui si compone l’articolo. Tracciando gli usi del suffisso -ata, segnatamente produttivo nella lingua del cibo, sia nelle formazioni endogene sia nell’adattamento dei prestiti, viene infatti evidenziata una rete di relazioni intertestuali che intreccia il trattato di Scappi tanto ai ricettari medievali quanto a quelli che verranno stampati a partire dal Seicento; al tempo stesso, la ricerca condotta mette in luce i tratti peculiari del vocabolario attinto dal cuoco segreto di papa Pio V, segnalando le specifiche accezioni attestate ed esaminando il nesso tra parole e referenti per svelare gli stravolgimenti semantici che spesso si celano sotto la continuità della denominazioni.


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SLeI - XLI (2024)