Questo contributo si colloca nel solco di una riflessione più ampia sulla ricezione della lirica italiana medievale e sul ruolo fondamentale dei copisti nella trasmissione dei testi. Il saggio nasce con l’idea di far emergere alcune tipologie fisse di innovazione riscontrate nei tre grandi canzonieri duecenteschi: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vaticano latino 3793 (V); Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Redi 9 (L); Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Banco rari 217, ex Palatino 418 (P). Nello specifico, particolare attenzione è rivolta alla mano principale del Vaticano, di cui si presentano – riuniti per categorie – alcuni atteggiamenti, vezzi e idiosincrasie che dimostrano la maggiore innovatività rispetto agli altri copisti.