ARTICOLO
Giulio Vaccaro

Passione e ideologia: Bastiano de' Rossi editore e vocabolarista

In preparazione della prima impressione del Vocabolario, gli Accademici della Crusca, mostrando una sensibilità assai moderna, in particolare su spinta dell’accademico segretario Bastiano de’ Rossi (che era stato già tra i propugnatori dell’edizione Manzani della Commedia dantesca del 1595), cercarono di procurare edizioni affidabili di testi funzionali alla realizzazione del Vocabolario: in quest’ottica furono, dunque, realizzate due edizioni, quella del volgarizzamento del Trattato di agricoltura di Pietro de’ Crescenzi e quella del volgarizzamento dei tre trattati di Albertano da Brescia.
L’edizione del Crescenzi si fonda su sei manoscritti, la cui identificazione è relativamente agevole: i tre laurenziani sono i Plutei 43.14, 43.15 e 43.16; la copia appartenuta a Baccio Valori è il Panciatichiano 70 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (collazionato da Vincenzio Borghini) e il manoscritto appartenuto a Giuliano de’ Ricci è identificabile con il Riccardiano 1524 (anch’esso collazionato dal Borghini); il Nazionale II.ii.93 dovrebbe, invece, essere il manoscritto appartenuto a Bernardo Segni. Già Borghini, nelle Annotazioni sul volgarizzamento del ‘Liber ruralium commodorum’ di Pietro Crescenzi, aveva intuito una differenza sostanziale tra il testo del Riccardiano (e dei Laurenziani) e quello trasmesso dal Panciatichiano; il manoscritto Nazionale II.ii.93 contiene addirittura un volgarizzamento diverso, quattrocentesco, che nulla ha nella tradizione a che vedere col primo, da cui diverge fin dalla rubrica iniziale. Quello procurato da Bastiano de’ Rossi è dunque un testo privo di una qualunque realtà storica, composto di brandelli testuali provenienti da traduzioni diverse, cronologicamente sfalsate, corrette in più punti secondo il gusto linguistico o secondo l’ingegno dell’accademico segretario. La prassi filologica alla base dell’edizione appare chiara: sulla base di un esemplare di collazione che rispecchiava (in sostanza) la lezione di quattro dei sei manoscritti nella disponibilità di Bastiano (una copia dell’incunabolo del 1492 conservata oggi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze con la segnatura B.I.27), l’editore non esitava di volta in colta a contaminare o sostituire con una delle altre versioni a disposizione. La prassi seguita dall’Inferigno per l’edizione del Crescenzi trova una rispondenza nell’edizione dell’Albertano: anche in questo caso l’editore dichiara di non aver preso i tre trattati da un unico manoscritto, ma da almeno tre codici, non identificati, ma di cui è almeno individuabile la famiglia di appartenenza. Anche in questo caso si riscontrano nel testo correzioni operate o mescolando i diversi volgarizzamenti tra di loro o emendando ope ingenii oppure tramite confronto col testo latino laddove l’editore ritenesse di dover intervenire.


 


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SLeI - XXXIV (2017)