Il contributo consiste in una prima fase dello studio lessicografico della lingua speciale della danza di corte, impiegata dai più antichi trattati dedicati all’arte coreutica: il De arte saltandi di Domenico da Piacenza, composto tra il 1441 e il 1455; il Libro dell’arte del danzare di Antonio Cornazano, composto nel 1455, tramandato da un solo manoscritto del 1465; il De pratica seu arte tripudii di Guglielmo Ebreo da Pesaro, il più fortunato trattato di danza fino alla fine del XVI secolo, trasmesso da diversi manoscritti, di cui è stato preso in considerazione soltanto il più antico e autorevole, datato 1463. Si presenta un glossario composto da 92 voci dedicate ai tecnicismi specifici o collaterali della danza impiegati nei tre trattati. I lemmi consistono per lo più in prime attestazioni di termini risemantizzati con nuove o più specifiche accezioni, provenienti dal campo semantico della filosofia (accidentale e naturale), della musica (concordare, piva, saltarello, etc.) o dalla lingua d’uso comune (adornare, ballo, cambiamento, movimento etc.). Oltre a quello della neosemia, uno dei fenomeni più frequenti nella formazione del lessico tecnico della danza è quello della creazione di locuzioni (andare al tondo, concordanza di terreno, danzare per fantasma, etc.). Sebbene il lessico dei tre trattati di danza si dimostri piuttosto stabile fin dal suo primo impiego nello scritto, sono frequenti casi di sinonimia e di polisemia, tanto in sincronia (cioè all’interno dello stesso trattato), quanto in diacronia. Il glossario permette di riconoscere l’articolazione del lessico coreologico e il suo raffinamento nell’arco del ventennio in cui è nata e si è diffusa la trattatistica di danza, seguendo l’impiego di tale lessico da parte dei tre maestri autori dei trattati, tutti legati dal medesimo ambiente cortigiano dell’Italia settentrionale.