ARTICOLO
Brian Richardson

Tra la «volgar lingua» e la «lingua italiana». Identità linguistica e culturale nelle grammatiche italiane del Cinquecento

Nel primo Cinquecento alcuni scrittori lamentano un divario tra la loro identità linguistica e culturale e le regole che vengono proposte dai grammatici. Queste regole erano basate in primo luogo sull’esempio dei «buoni autori» toscani del Trecento, e la lingua descritta era di solito qualificata genericamente come «volgare». Dagli anni ’40 in poi, alcuni grammatici cominciano a collegare la lingua che descrivono con la geografia, scegliendo uno fra gli aggettivi «toscana», «fiorentina» o anche «italiana». Per considerare fino a che punto le regole da essi prescritte fossero più aperte al contesto linguistico attuale, il saggio esamina le osservazioni di sei grammatiche stampate a partire dal 1545 – quelle di Paolo del Rosso, Rinaldo Corso, Lodovico Dolce, Pierfrancesco Giambullari, Matteo di San Martino e Girolamo Ruscelli – in merito a un campione di quattro casi di morfologia in cui la lingua d’uso contemporaneo poteva divergere dal toscano trecentesco: i pronomi lui e lei in funzione di soggetto, le desinenze della 1a persona plurale dell’indicativo presente, la desinenza della 1a persona singolare dell’indicativo imperfetto (io amava vs io amavo) e la desinenza del futuro dei verbi della prima coniugazione (il fiorentino amerò vs amarò). Il sondaggio suggerisce che questi grammatici continuano per lo più a prescrivere le forme auree del Trecento, ma che potevano talvolta prendere in considerazione forme che erano state respinte dai grammatici precedenti.


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SGI - XXXIX (2020)