L’articolo si propone di analizzare, anche mediante l’apporto documentario offerto dal carteggio con il fratello Alessandro, le opzioni linguistiche delle opere a stampa di Pietro Verri a partire da una campionatura del Discorso sulla Felicità e della Storia di Milano.
(§ 1) Ai due testi in questione Verri lavora in anni contermini: inoltre, benché si riferiscano a generi letterari istituzionalmente diversi, il Discorso e la Storia condividono un chiaro intento programmatico di natura didattica. (§ 2) Per la pubblicazione di entrambe le opere Pietro si avvale dei consigli di revisione forniti da Alessandro. Pietro Verri ritiene, infatti, irrinunciabile un minuto controllo formale della sua scrittura, anche se pone in primo piano l’elaborazione concettuale e argomentativa del testo. D’altro canto Alessandro, pur avendo posizioni linguistiche piuttosto distanti da quelle del fratello, come revisore dell’opera rispetta l’originalità dello stile di Pietro e dichiara di apprezzarne l’efficacia rispetto al tipo di letteratura praticata. (§§ 3-4) Dall’analisi della fonomorfologia e della sintassi del Discorso e della Storia emerge il tentativo di Pietro di selezionare forme moderne e poco atteggiate letterariamente, nonostante sopravvivano alcuni aulicismi e arcaismi con lo scopo di esibire una conveniente rifinitura formale. (§ 5) Ciò capita in particolar modo per quanto riguarda l’ambito dell’ordine delle parole perché, pur essendo nettamente prevalente l’uso della costruzione diretta, in ambedue le opere si registrano anche non poche impaginazioni dei periodi con ordine perturbato. (§ 6)
Del resto, la scrittura di Verri non è affatto ingenua, come si vede anche dal consapevole impiego dell’armamentario retorico. Numerosi sono, in proposito, i chiasmi, le antitesi, i paragoni, le metafore e gli esempi di linguaggio figurato; spicca inoltre un tipo di organizzazione periodale basata sull’asindeto, sull’accumulo di sostantivi in lunghe strutture elencative e, in generale, sullo sfoltimento dei nessi mediante il ricorso alla giustapposizione di periodi brevi. (§ 7) In conclusione, si può affermare che le opere della maturità di Pietro, sul piano grammaticale e più latamente linguistico, si reggono su un fragile equilibrio tra rinnovamento e tradizione.